sabato 7 novembre 2009

appunti per una teoria del popolo ultimo/1

Cosa è o chi è un popolo ultimo?

Un popolo ultimo è un popolo perdutosi tra le pieghe della storia fino quasi a diventare invisibile.

Non è un popolo privo di storia. È un popolo che ha perso le sue battaglie - militari, sociali, economiche, culturali - e non compare quindi nei libri di storia scritti da chi, quelle battaglie, le ha vinte.
Nel migliore dei casi è un popolo che mantiene consapevolezza di sé grazie al retaggio degli avi, tramandato innanzitutto con la lingua. Nel peggiore dei casi è un popolo che assimila tutto ciò che viene dai vincitori, a cominciare proprio dalla lingua. Con il rischio di farsi sommergere e diventare altro da sé.

Quest’ultima evenienza chiude il cerchio. Il popolo è ultimo perché privo di memoria: privo di memoria di se stesso e, conseguentemente, privo di “nome” presso gli altri popoli. È un popolo che a tal punto si riflette negli usi e costumi dei vincitori da marchiare con il loro brand anche le sue migliori realizzazioni. E da viverne le sconfitte come proprie sconfitte.

Quali obbiettivi deve porsi un popolo ultimo?

Primo obbiettivo del popolo ultimo è recuperare memoria di sé.

Attraverso il ripristino della memoria di sé, il popolo ultimo restituisce consapevolezza, dignità e soprattutto autonomia alla propria azione. Arrivando a comprendere che i suoi bisogni e interessi sono diversi da bisogni e interessi dei popoli vincitori. E agendo di conseguenza per tutelare se stesso. Il popolo ultimo torna in questo modo ad essere popolo visibile tra altri popoli visibili, popolo cittadino del mondo tra altri popoli cittadini del mondo, popolo di fratelli fratello ad altri popoli.

Ha senso porre come obbiettivo finale del popolo ultimo il suo primeggiare su altri popoli?
No, non ha senso. Significherebbe tornare alla logica vincitore/vinto, logica di prevaricazione e assimilazione.

Obbiettivo finale del popolo ultimo è farsi sale della terra.
Proporre cioè agli altri popoli una propria e originale visione del mondo e dei rapporti tra esseri viventi. Mostrare agli altri popoli la propria strada perché ne traggano, se vogliono e in totale autonomia, gli insegnamenti che preferiscono. Diventare fermento salutare, perché solo in questo modo il proprio sviluppo si traduce in sviluppo di tutti. In poche parole: restituire in bene al mondo ciò che dal mondo si è ricevuto in male.

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