giovedì 12 maggio 2011

Un nuovo libro della nostra piccola società di scrittori



Stimolati da un editore con il quale non avevamo mai pubblicato (la San Paolo), siamo andati a scovare una storia curiosa a proposito dei Centocinquant'anni dalla nascita dell'Italia unita.
Conquistata, con la famosa breccia di Porta Pia, la città di Roma per farne la propria capitale, lo Stato italiano deve trasferirvi i suoi ministeri. Uno di questi - i Lavori Pubblici - dovrebbe finire nel palazzo espropriato di una contessa romana di antichissima nobiltà.
La giovane donna si oppone al sopruso e non ci sono argomenti patriottici (per quale Italia, non ancora sentita come casa comune?) o morali che tengano. E poi la contessa tiene ancora al "Papa re", da poco costretto alla prigionia in Vaticano...
Il breve romanzo conduce il lettore a conoscere, con ironia e sentimento, il clima di quei giorni e le grandi questioni che ancora ci inquietano: siamo italiani? E che vuol dire veramente?

Una lettura che suscita il sorriso e il pensiero. Una storia vera che insegna e diverte. A noi è piaciuto molto raccontarla.

giovedì 14 aprile 2011

Ragionando da cristiani


Il cristiano si concentra sulle parole di chiunque e cerca lui in quelle parole. Lo stesso vale per i suoi comportamenti, per le sue scelte, che sono altrettanti linguaggi per esprimere se stessi.
Il cristiano si domanda, a proposito dell'altro: Perché dice così? Perché grida? Perché sussurra?

Per intenderci con un esempio di attualità: vedendo l'immigrato appena sbarcato, il cristiano si domanda subito e come prima cosa: Perché è partito? E tutto il suo operare nei confronti di questo fratello dipende dalla risposta più completa possibile a questa domanda.

lunedì 14 febbraio 2011

Martin, che conosce almeno quattro lingue


In queste ultime settimane, siccome il mio comune, Saronno, non ha più un soldo, i genitori della scuola elementare di mia figlia si sono organizzati in piccole squadre di volontari per tinteggiare le aule.
La mia partecipazione all'impresa ha suscitato una certa ilarità tra parenti, amici e conoscenti, essendo a tutti nota la mia totale incapacità nei lavori di casa.

Si è trattato di un'esperienza interessante, e non solo perché adesso so verniciare bene almeno i caloriferi. Con me c'erano altri quattro papà. Il nostro capo era un siciliano, l'unico che si intendesse veramente di imbiancatura. Quando mi vedeva stanco e fermo a riposare mi sgridava dicendo: "Ehi! Guarda che qui il terrone sono io!".
Poi c'erano due altri tipi, simpatici e piuttosto pratici, e io ammiro sempre le persone che sanno fare cose che io non so fare.
Infine con noi c'era Martin, un papà immigrato in Italia dall'Angola, operaio metalmeccanico.

A un certo punto squilla il cellulare di Martin. Lui risponde e chiacchiera per un po' in italiano. Circa un'ora dopo il suo cellulare squilla di nuovo e lui chiarisce una questione con chissà chi parlando fluentemente in portoghese. Dopo un certo tempo risponde di nuovo e questa volta discute a lungo in inglese. Verso sera, finalmente, a lavoro quasi ultimato, si rilassa concordando con la moglie il programma della domenica successiva in lingua Lingala.
Quando abbiamo proprio finito, viene a prenderlo un amico. Anche lui è un africano, ma originario di un altro Paese: si intendono (ridono, scherzano) in francese.
A questo punto fingo di arrabbiarmi: "Ma quante lingue sai?!". Lui allarga le lunghissime braccia, sorride e dice: "finito", come se dicesse che non sono poi così tante.
Il suo amico, che parla benissimo anche l'italiano, mi mostra orgoglioso il passaporto. Dentro ci sono le foto dei suoi sette figli. Solo l'ultimo, mi dice, è nato a Como.

In questi giorni Tunisia, Egitto, Algeria, Iran si accendono di proteste di piazza contro dittatori al potere da trent'anni o giù di lì. I protagonisti delle manifestazioni sono migliaia e migliaia di giovani, perché si tratta, infatti, di Paesi dove la percentuale dei ventenni è più che doppia rispetto a quanto avviene in Italia.
Anche Martin mi sembra giovane. E non solo perché ha dieci anni meno di me.
Penso che dobbiamo imparare da questa gente, perché è una vera fortuna che siano in mezzo a noi. E penso che dovremmo farlo tutti, ma specialmente i nostri giovani.

E non ditemi che ho scoperto una cosa ovvia: i nostri giovani sono pochi, spaventati e spesso (non sempre, anzi, sempre meno, direi) pigri.
La prossima volta che scrivo voglio parlarvi di mie recenti esperienze a proposito di giovani italiani che, sapendo che mi occupo di editoria e di scrittura, mi mandano i loro curriculum nella speranza che io li passi a qualche Casa Editrice. Servirà, credo, a riflettere ancora su cosa vuol dire affrontare il mondo da giovani.

lunedì 31 gennaio 2011

Piccolo decalogo sulla non violenza


Di recente e per svariati motivi mi sono interessato al tema della non violenza. L’occasione mi ha dato lo spunto per chiedermi cosa faccio io per diffondere il metodo non violento nei rapporti sociali, a partire naturalmente dalla mia stessa vita. Ecco dunque nascere questo piccolo decalogo molto personale, fatto di propositi più che di comandamenti e sui quali è quasi superfluo sottolineare un fatto: nonostante la mia buona volontà, è difficile che io riesca a metterli in pratica tutti e integralmente. Al limite, qualcuno e non per sempre. Eppure, tenerli a mente mi aiuta a sperare che sia possibile anche per me, un giorno, accorciare la grande distanza che separa la teoria dalla realtà della vita. Ecco il decalogo.


1. Tengo ben presente che la non violenza è prima di tutto utile: vedo infatti che praticandola ne guadagno in benessere materiale e spirituale.


2. Lascio sempre che l’altro parli per primo e ci penso su due, tre, cento volte prima di rimbeccarlo. Questa, a dire il vero, è buona educazione e precede la non violenza.


3. Non penso e non dico che la mia opinione è la verità. E non lo credo perché ho abbastanza autoironia da sapere che il mondo è andato avanti bene senza di me per millenni ed egualmente potrà fare in futuro.


4. Rispetto sempre ciò che dice la mia gente, anche quando dice cose che a me sembrano vecchie, stupide o inutili. Forse lo sono, forse no. Spesso non lo sono.


5. Credo a quello che mi dicono o mi mostrano solo dopo averlo verificato, per quanto possibile, di persona. Perché la forza suadente delle parole e delle immagini esige da me una critica obiettiva, ferma e puntuale.


6. Dico sempre quello che penso. Non affermo che la sincerità è immune da effetti negativi, ma che essa produce meno danni e meno violenza del silenzio, della reticenza, dell’ipocrisia.


7. Non mi comprometto per guadagnare più di quel che mi serve per vivere. Ho sperimentato che desiderare troppi soldi, potere, visibilità significa imboccare la via più veloce per trasformarsi in individui violenti.


8. Non dimentico i miei errori e cerco di non ripeterli. Spero che chi mi conosce e sa dei miei errori sia disposto a darmi comunque credito, perché se nessuno mi offre una seconda chance e io non la offro agli altri sono finito.


9. Difendo la vita, perché ogni vita è essenziale all’equilibrio del mondo, e non dimentico mai la parte non umana che è in me. Gentilezza e dolcezza sono dovuti a uomini, donne e bambini. Altrettanto meritano piante e animali, la terra e ogni altro elemento della natura.


10. E davanti a un gesto violento? Questa è davvero la cosa più difficile. Io provo a resistere, a non replicare con altrettanta violenza, ad aggirare l’ostacolo. Ma è complicato, quasi impossibile. Tanto da spingermi a sperare che la vita mi riservi queste occasioni il meno frequentemente possibile. Qui confesso che ho solo da imparare.


(postato da maurizio)

venerdì 21 gennaio 2011

Dio esiste? (36)

M: Infatti. E si tratterebbe in realtà di un nuovo capitolo. Non ho voglia di avviarlo adesso. Per me, il blog torna alla sua normale funzione.

Dio esiste? (35)


L
: Si, sono d'accordo con la sintesi. Il capitolo è chiuso. A meno che non si voglia a questo punto occuparsi delle conseguenze, logiche e pratiche, di queste due diverse posizioni.

Ma è un discorso lungo.

Dio esiste? (34)

M: Riassumendo. Io credo che Dio esista e che io sono Dio. Tu non sei sicuro che Dio esista ma pensi che, se esiste, Dio sia altro da te. Se siamo d'accordo su questa sintesi, possiamo considerare chiuso il capitolo. Che ne dici?

giovedì 20 gennaio 2011

Dio esiste? (33)


L: Capisco.
A me, immagino, non piace stare solo, soprattutto in cose così profonde, che nascono e toccano, come dici anche tu, ciò che è più intimo e prezioso della nostra esperienza.

O forse ho paura di rinunciare a qualcosa di prezioso. Oppure non ne vedo il motivo. Mantenermi in dialogo con Zot mi ha sempre divertito, stimolato, consolato, incoraggiato. Anche incoraggiato a pensare, a cercare di capire l'altro, dietro al quale, forse, c'è l'Altro.
Non è questione, qui (sarebbe riduttivo e comunque impossibile da stabilire), di "chi ha ragione" tra noi due. Conta assumersi serenamente le proprie responsabilità, di pensiero e di azione. E fatto questo, conta cercare di capire se quel che abbiamo scelto di pensare e di fare... funziona o no per noi.

E poi, ripeto: le voci interessanti da ascoltare secondo me sono tante: da solo, invece, mi annoio e non ne vengo a capo.

O forse, ripeto, ho paura di perdere qualcosa. Sono sensibile al mondo e al valore della mia persona, come te, ma voglio anche parlarne con qualcuno che stimo, qualcuno che, mi sembra (e posso ovviamente sbagliarmi di grosso) parlandomi mi nutre. Zot è questa persona.

martedì 18 gennaio 2011

Dio esiste? (32)

M: "emozioni" e "intuizioni", a me è toccato questo del repertorio esperienziale divino da te elencato nel post 29. Il fiume mi ha detto che Dio è il mondo e nel mondo e dopo, a un livello più profondo di conoscenza, che io stesso sono Dio e che tocca a me farmi Dio per gli altri.

Come puoi intuire, la mia stessa esperienza, attuale, diretta, immediata, subito radicatasi nel mio animo, vale per me più della testimonianza passata, indiretta, mediata da cento mani, di qualsiasi altro Zot apparso sulla faccia della Terra.

Su questa pista non credo che, per trovare Dio e parlarci, sia necessario risalire a mitici "incontri originari" (ancora post 29) e tanto meno che questa esperienza sia riservata a "persone straordinarie" (sempre post 29). Utile, semmai, è sgombrare mente e cuore da conoscenze e convinzioni pregresse.

lunedì 17 gennaio 2011

Dio esiste? (31)


L
: Il fiume ti ha parlato... Intendi di nuovo quel che dicevi quando ti riferivi a una diretta, profonda e totalizzante comunione con il mondo (di cui il fiume fa parte)? O intendi altro?

Spiegati meglio, cioè racconta.

domenica 16 gennaio 2011

Dio esiste? (30)


M: Il fiume ha parlato anche a me e mi ha detto che io sono Dio. Anche io sono Zot. O credi che io menta?

sabato 15 gennaio 2011

Dio esiste? (29)

L: Dunque, da parte mia e in tutta la mia vita non ho avuto alcuna esperienza diretta di Dio: né emozioni, né intuizioni, né voci, né luci, né miracoli.
Mi interessa e mi emoziona, tuttavia, che questo possa essere avvenuto ad altri.

Tutto comincia, per me, con un fatto storico certo, dall'interpretazione molto molto incerta.
Eccolo: centomila anni fa, o comunque all'inizio della nostra storia di uomini, tre nostri antenati si recarono a un fiume a pescare perché dovevano mangiare. Chiamiamoli Zit, Zut e Zot.
Al termine della pesca i tre rimasero a contemplare il fiume.
Zit disse: "il fiume è grande, profondo, forte. Mi fa paura. Caderci dentro sarebbe terribile".
Zut, soppesando i pesci pescati, disse: "Il fiume è nostro padre".
Zot esitò, poi prese coraggio e disse: "Devo dirvi una cosa importante. Ieri sera, al tramonto, il fiume mi ha parlato...".

Zit e Zut sono stati all'origine di una o più "religioni con ottime ragioni": esse hanno potuto, infatti, basarsi sul sacro rispetto e sulla gratitudine per il fiume (per il cielo, per la terra... per la vita, anima del mondo, che ci precede e ci sostiene).
Ma Zot ha davvero udito una voce che gli ha parlato? Che Zot lo dica è un fatto certo: abbiamo molte testimonianze storiche di questa pretesa, da parte, ovviamente, di persone diverse (Zot è un simbolo, ovviamente). Ma è vero? Ecco, questa domanda, con tutte le sue conseguenze, mi emoziona moltissimo. E quando studio e ascolto queste antiche voci sento di credere che sì: ci sono stati incontri originari con Dio. Essi, io credo, ancora si ripetono, anche se sono riservati a poche persone straordinarie.

Dio esiste? (28)

M: Io voglio che questo dialogo rimanga un dialogo e non diventi un racconto monologante, né mio né tuo. Avrò tutta la pazienza che serve, se riuscirai a spiegare più che a narrare, facendo sintesi e aiutandoti con qualche espediente retorico. Brevità e chiarezza, grazie. E adesso forza, sto ascoltando...

venerdì 14 gennaio 2011

Dio esiste? (27)

L: Dunque, credo di aver provato tante volte (e mi capita ancora) un senso di "diretta, profonda e totalizzante comunione con il mondo intorno a me", come dici tu nel post 22. Ma non mi è mai venuto in mente di dare il nome "Dio" a questa esperienza. La considero da sempre un'esperienza non ovvia, e so che non è comune alla nostra quotidianità, e sento che è molto molto bella e motivante, ma non la sento così "straordinaria".
Che il mondo sia meraviglioso, che l'umanità cui appartengo meriti amore e abnegazione e me ne dia in molte occasioni, che il bene sia possibile e che valga la pena di lottare per esso contro il male... non mi sono mai sembrate convinzioni, esperienze, desideri straordinari.

La mia esperienza di Dio non è estranea a questi sentimenti, ma sta da un'altra parte. Se vuoi che te ne parli dovrai avere la stessa pazienza che si richiede a un esploratore occidentale quando vuole scoprire il cuore di una cultura primitiva in mezzo alla foresta. Hai questa pazienza?

martedì 11 gennaio 2011

Dio esiste? (26)

M: Io ho provato a dare una prima risposta. Prova anche tu. Se puoi, parlando della tua esperienza o cognizione diretta. Se necessario, rifacendoti alle emozioni di cui hai già scritto in riferimento all'esperienza che altri hanno di Dio.

lunedì 10 gennaio 2011

Dio esiste? (25)

L: Qui abbiamo un punto di incontro e un punto di divisione. Vediamo se riesco a esprimerli. Tu leggi attentamente e poi dì la tua su questa prima provvisoria proposta di sintesi, per la quale, spero capirai, ci vogliono più delle solite dieci-quindici righe.

Secondo noi, ben più in profondità della generica (e piuttosto inutile) definizione di Dio del "senso comune" da cui siamo partiti, "Dio" è in realtà il nome che molti uomini e donne, di ogni epoca e anche ai giorni nostri, danno al mistero del mondo e al mistero di se stessi.

Infatti, tutti quelli (me e te compresi) che in relazione con noi stessi, con gli altri e con il mondo cercano qualcosa "di più", si incontrano: cercatori di "Dio" (che mai saprebbero davvero mostrare al mondo altro che... se stessi in ricerca) e cercatori dell'io (che mai saprebbero accontentarsi di se stessi, ma vogliono crescere per essere per sé e per il mondo qualcosa "di più").

Con tutto ciò, rimane comunque - e l'hai indicata con nettezza illuminante - la differenza tra chi, in questa ricerca, afferma che il "di più" di cui siamo tutti in ricerca è un "Altro" e chi nega, invece, questa possibilità.

Avremmo così una prima conclusione: sì, "Dio" esiste ed è quel "di più" che in tanti cerchiamo.
La domanda allora diventa: "Chi è per te Dio"? Chi è l'Assoluto cui tendiamo?

Dio esiste? (24)

M: Voglio certamente provare ancora nella mia vita il senso di comunione con il mondo goduto a quel tempo. Ma non voglio arrivarci attraverso le pratiche di preghiera e meditazione e la ricerca di un punto di riferimento esterno (Dio) che allora mediarono quella esperienza. Voglio arrivarci attraverso una pratica quotidiana, che potrei definire ascetica, di perfezionamento di me stesso. Proprio il "me stesso" di cui parlavo nel post precedente. In tal senso intendo che io sono Dio e in tal senso mi reputo indifferente a un altro Dio. Con tutto il rispetto per chi crede in un Dio diverso da se stesso.

sabato 8 gennaio 2011

Dio esiste? (23)

L: Da come ne parli (seppure troppo brevemente, per i miei gusti), quell'esperienza di "Dio" era positiva e quindi ne hai un ricordo buono, quasi una nostalgia. O sto sbagliando?

E se dovessi confermare a te stesso che si trattava di un'esperienza positiva, cosa vuol dire "vivo come se non esistesse"? In quell'esperienza, infatti, c'era qualcosa di vero. Si tratta di scoprire cosa, per riviverlo.

Scusa le domande, ma a me sembra bello (prima di tutto) e utile scavare a fondo in queste nostre esperienze. Se invece ti sembra che non ne valga la pena, dillo apertamente.

Dio esiste? (22)


M: In passato, e per un lungo periodo della mia vita, ho fatto un'esperienza diretta, profonda e totalizzante di comunione con il mondo attorno a me. Ho dato il nome di Dio a quella esperienza. Per me, quella esperienza era Dio.

In seguito, non ho più compiuto quella esperienza. E ripensando ad essa ho smesso di chiamarla "Dio". Ho preso a chiamarla "me stesso". Io ero stato quella esperienza.

Non ho elementi per dire con assoluta certezza se e quale altro Dio esista. Mi comporto comunque come se tale Dio non esistesse.

domenica 2 gennaio 2011

Dio esiste? (21)


Cosa pensi tu a proposito di Dio mi interessa moltissimo. A differenza di te, come ho spiegato nei miei ultimi post tutto quanto e qualsiasi cosa hanno da dire su Dio tutte le persone che se la sentono si parlarne mi interessa eccome.
Il che mi permette di aggiungere che secondo me chi è curioso di Dio è curioso e attento alla voce di tutti gli uomini, perché il fitto mistero che sta dietro a questa parola si esprime in mille e mille voci (e non solo voci di uomini).

Ma veniamo al dunque: Perché "Dio" ti interessa almeno tanto da spingerti a inaugurare questa bella ricerca?

Dio esiste? (20)


M: Mi spiace, con quel "non mi interessa" sono stato poco preciso. Se la faccenda davvero non mi interessasse, non avrei inaugurato di mia iniziativa questo scambio. Intendevo semplicemente dire che è molto difficile discutere e valutare l'esistenza di Dio a partire da testimonianze di seconda o terza mano. D'altro canto, trovo piuttosto indicativo che tu chiuda il capitolo senza nemmeno chiedermi cosa io pensi dell'esistenza di Dio. Da cosa vuoi ripartire? Da questa domanda ancora inespressa o, ad esempio, dall'illustrare "l'emozione" di cui parli nel post 17 riguardo alla supposta esperienza di Dio compiuta da altri?

sabato 1 gennaio 2011

Dio esiste? (19)

L: Ho già risposto. Il mio profondo coinvolgimento nell'assistere all'esperienza spirituale di persone che stimo è mio, riguarda me e vale per me come una forte esperienza. Se queste persone hanno davvero esperienza di Dio, io ho esperienza di Dio con loro.
Non conosco altra via, mi dispiace: o si assiste personalmente a un evento originario o si accoglie la testimonianza di un altro.

Ma insomma: hai già detto che questa mia esperienza non ti interessa, perciò fine del dialogo su questo tema.

Buon anno anche e te!