venerdì 25 giugno 2010

Un'importante traduzione all'estero


Quella che vedete qua sopra è la copertina di El violinista de Praga, edizione spagnola di Il violinista di Praga, nostro romanzo del 2007. Le questioni di diritti esteri vanno spesso per le lunghe ma alla fine questa traduzione è arrivata. A pubblicare è Grijalbo, importante etichetta del gruppo Random House, e il volume è brossurato e di bel formato: insomma, fa la sua figura. Poiché Grijalbo è molto ben distribuito, dovremmo registrare buone vendite. Sarebbe un ottimo biglietto da visita per il mercato di lingua spagnola, che attraversa l’Atlantico e arriva alla Terra del Fuoco. Certo Mozart non ha mai pensato che un giorno sarebbe stato accusato di diversi ed efferati omicidi. E tanto meno ha immaginato che questo sarebbe accaduto nelle pagine di un romanzo. Il nostro. Praga e il 1787, le ambientazioni del libro, approdano adesso alla Madrid del giorno d’oggi. È un incontro foriero di buone promesse. Anche perché tra due mesi esatti esce il nostro nuovo romanzo. A firma di Luca Castellitto, si intitolerà Io ti aspetto e racconterà la vicenda di una bambina di Chernobyl che dal disastro della centrale nucleare sovietica ha tratto, faticosamente ma con successo, i motivi per ricominciare a sperare. Come si dice, anche dal male viene il bene. Nel caso di Natasha, la nostra protagonista, è stato davvero così. Il libro sarà diffuso in libreria, centri commerciali e Autogrill.

domenica 20 giugno 2010

Auguri agli sposi

Mentre siamo annoiati dalla politica che non c'è e dai soliti scandali, mi è capitato un bel momento: sabato scorso si è sposata una cugina di mia moglie.
Tutto qui? Beh, conviveva da più di dieci anni con un simpatico giovanotto e insieme hanno tre bellissimi bambini, tutti presenti all'altare vicino ai genitori: attenti a scrutare i loro volti e pronti a catturare il senso di ogni parola pronunciata.

I due si sono sposati in chiesa, con un giovane e attento prete ad assisterli, un coro di amiche con tre chitarre e le voci bianche di tutti gli altri bambini della grande famiglia allargata, nonne e zie commosse, candele e qualche fiore.
Si sono sposati, e a vederli erano lo specchio della felicità, o almeno della speranza.

Succede. Succede sempre più spesso. Niente che inverta le statistiche, cioè la quantità dei dilaganti naufragi amorosi, ma solo qualcosa che si segnala per la sua qualità. Se vi capita di sentire di una coppia che si prepara al matrimonio religioso frequentando il corso previsto presso una parrocchia, scoprirete che oggi una buona metà di coloro che chiedono il matrimonio religioso ci arrivano dopo qualche anno di convivenza. E' come se, una volta che questa sia andata abbastanza bene (evidentemente) ci fosse in queste coppie l'idea che senza sposarsi, e "sul serio", in chiesa, appunto, manchi qualcosa.

La questione va approfondita, ne sono convinto. Comunque ai miei simpatici parenti conviventi forse prima mancava qualcosa. Visti sabato sera, che salutavano gli ultimi parenti che se ne andavano dalla festa, sembrava non mancasse più niente.
Ho scritto loro un biglietto: "Grazie per la gioia che vi regalate... e per la fiduciosa speranza in cui volete coinvolgerci".

Auguri a tutti, proprio a tutti gli sposi (che, si sa, ne hanno bisogno). E auguri anche ai conviventi. Ne hanno bisogno anche loro.

sabato 12 giugno 2010

Law & Order UK: un esperimento malriuscito

Come tutti gli appassionati sanno, la Nbc ha cancellato poche settimane fa dai suoi palinsesti Law & Order, giunto alla ventesima stagione e serie più longeva della televisione americana. Ogni nuova puntata del poliziesco raccoglie ancora molti milioni di spettatori, ma gli ascolti non toccano più i vertici degli anni passati e gli introiti pubblicitari non bastano a soddisfare le esigenze dei capi del network.

Curiosamente, proprio mentre la serie madre chiude i battenti, lasciandosi alle spalle diversi spin-off di grande valore, prende vita la sua costola britannica. È infatti partito Law & Order UK, dove “UK” sta per United Kingdom: appunto, il Regno Unito. Viste alcune puntate, promuovo scelta degli attori, recitazione e intreccio. È già tanto, soprattutto se pensiamo agli esiti penosi che danno in questi ambiti le fiction nostrane. Ma devo aggiungere che l’esperimento mi sembra nel complesso malriuscito. Per tre motivi particolari.

- Primo elemento di debolezza: l’ambientazione. Il nostro immaginario, segnato da innumerevoli film e telefilm, è abituato a pensare a New York come alla culla della modernità e dei suoi vizi. New York è il set perfetto del poliziesco, con i grattacieli e gli slums, i finanzieri in doppiopetto e i latinos carichi di droga, gli incroci di razze, culture e destini, i taxi gialli e le auto targate NYPD che mettono la sirena e sfrecciano nel traffico. Londra non ha niente di tutto questo e se ce l’ha non è presente alla nostra fantasia. Forse, se si doveva fare un Law & Order UK, lo si doveva ambientare nella Londra vittoriana. Quella è la Londra con la quale siamo cresciuti e più di tutte elevata nell’opera narrativa a livello di mito. Questa di oggi non ha l’appeal necessario a un’operazione di genere.

- Secondo elemento di debolezza: il già visto. A ricreare Law & Order in salsa locale ci hanno già provato i francesi. Ora arrivano gli inglesi. Ma è davvero necessario tentare? I britannici sostengono che per loro è più semplice: sul Tamigi il sistema giudiziario è fondato sulla common law, esattamente come sull’Hudson, e anche compiti e prerogative di magistratura inquirente e giudicante si somigliano. Ma il punto è proprio questo. A guardare Law & Order UK si ha l’impressione di vedere all’opera i diligenti discepoli di un maestro ineguagliabile. Senza dire della prevedibilità del tutto, a partire dai dettagli di base. La squadra che si muove davanti alla macchina da presa è composta da un poliziotto anziano, cinico ed efficiente, un poliziotto giovane e belloccio, un ispettore donna, un procuratore aggressivo e sicuro di sé, un viceprocuratore di colore e ancora donna. La somiglianza con McCoy e i suoi colleghi non sembra puramente causale…

- Terzo e più importante elemento di debolezza: la mancanza di ritmo. A rendere secondo me la serie poco riuscita è più di ogni altro questo fattore. Le storie hanno begli intrecci, ma nella narrazione è assente la giusta tensione. Troppe pause, troppi accenni da commedia, troppa incertezza nelle svolte. È come se il regista dicesse al pubblico: «Sto girando Law & Order, ma vorrei tanto essere sul set di Poirot. Anzi, ve la svelo tutta. Il mio vero sogno è La signora in giallo. Aiutatemi a cambiare serie!». Naturalmente, con un andazzo di questo tipo, è impossibile per lo spettatore restare attaccato al televisore. Meglio cercare altrove qualcosa di più avvincente.

Morale: a ognuno le sue storie, a ognuno le sue serie televisive.
Meglio fare male qualcosa di originale che fare benino qualcosa di copiato.
E sono sicuro che Dick Wolf la pensa alla stessa maniera.