sabato 22 maggio 2010

prete e moschetto, cristiano perfetto

Giovedì 20 maggio si sono tenuti a Roma i funerali di Massimiliano Ramadù e Luigi Pascazio, i due soldati italiani morti tre giorni prima in Afghanistan. La messa è stata celebrata da monsignor Vincenzo Pelvi, ordinario militare. L’ordinario militare, per dirla in parole semplici, è un vescovo che fa da cappellano a tutti i soldati d’Italia.

Il prelato ha annunciato, come è d’uso: «Massimiliano e Luigi non sono morti invano […] Hanno vissuto per gli altri e sono morti per gli altri: sono morti come hanno vissuto, offrendo la loro giovane vita per gli altri». E ha aggiunto: «Ignorare il pericolo terrorista non allontana la minaccia, ma la porta dritta al cuore delle nostre città. Le condizioni di insicurezza delle altre nazioni, se non contenute e sradicate, possono ostacolare il progresso della famiglia umana. La rinuncia a pensare il mondo al di là del proprio interesse immediato, la sfiducia nell’azione umanitaria, la diffidenza verso ogni universalismo, tutto questo è la tomba dell’umanità».

Neanche il più scafato dei nostri governanti - italiano, francese, inglese, tedesco o americano - avrebbe potuto rivestire di parole più alate la realtà, che si chiama guerra. E nessuno avrebbe avuto il coraggio di manifestare altrettanta faccia tosta. Il vescovo ha detto che la guerra è «azione umanitaria». Che imbracciare armi a migliaia di chilometri da casa è «pensare il mondo al di là del proprio interesse immediato» e segno di «universalismo». E naturalmente che le continue azioni di rastrellamento e bonifica del territorio afghano dalla presenza talebana, con imprecisato numero di vittime, servono a evitare che gli stessi talebani possano «ostacolare il progresso della famiglia umana». Ma poiché niente si può davvero occultare, ecco l’esplicita ammissione: «Ignorare il pericolo terrorista non allontana la minaccia, ma la porta dritta al cuore delle nostre città». In altre parole: facciamo la guerra perché è giusto così. Difendiamo la nostra civiltà. E al diavolo tutto il resto.

Se a parlare in tale modo fosse stato un politico o un diplomatico, mi sarei adattato.
Ma trovo insopportabile che a pronunciare certe frasi sia un prete.
Non c’è alcuna possibilità che l’uomo estirpi la guerra dal proprio cuore se i primi a propagandarla sono coloro che dovrebbero indicarci la strada della verità.

P.S.: sembra incredibile a dirlo e a sentirlo, ma è vero. Pelvi non è solo vescovo, anzi arcivescovo. È anche generale di corpo d’armata dell’esercito italiano. Stupendo…

1 commento:

  1. Caro Maurizio, hai perfettamente ragione.
    Del resto da sempre le guerre (come le dittature) hanno avuto la benedizione delle chiese dei propri paesi. E' un rapporto di mutuo scambio: lo Stato si avvale di una giustificazione ideologica in più, mentre la chiesa trova il terreno fertile di una rivendicazione di identità culturale o spirituale.
    Nei secoli si sono elaborate di volta in volta le teorie della guerra santa o del "bellum iustum", mentre ai caduti in guerra veniva garantito il paradiso.

    Peccato però che in Afghanistan non c'è proprio nessuna civiltà da difendere. E' una guerra di conquista di territori e di interessi economici, condotta da soldati che hanno scelto volontariamente di fare quel mestiere.
    La Chiesa farebbe bene a onorare così tutti i caduti sul lavoro.

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