lunedì 31 maggio 2010

Succede in seconda elementare/2

Dunque, se si chiede ai bambini della seconda elementare di disegnare un quezùl la loro attenzione raggiunge il massimo.
"Cos'é?", domandano interessati.
"Come?" rispondo mostrando sorpresa, "Non lo sapete?".
Silenzio.
"Mai visto un quezùl?".
Scuotono il capo. Ma nessuno protesta. Nessuno dice: "Ma cosa vuoi? Il quezùl non esiste! Non prenderci in giro!".
Cominciano piuttosto i tentativi per capire.

"E' un orso!", dice un bambino.
E io: "Se era un orso avrei detto orso. Invece ho detto: disegnate un quezùl".
"Ma tu l'hai visto?".
Racconto allora un fatto vero. Una notte, in India, me ne stavo appena fuori da una capanna, ai margini della foresta, con un amico che mi ospitava. Prendevamo il fresco dopo una lunga giornata afosa. Improvvisamente, qualcosa si mosse nella boscaglia. "Cosa sarà?", domandai io. E il mio amico: "Mah, tigri, così a nord, è raro...".
E naturalmente ci rifugiammo subito nella capanna, chiudendoci dentro ben bene. Allora sbirciai fuori, attraverso una fessura... e nella semioscurità vidi qualcosa, di grande e lento. Era un quezùl. Non lo vidi bene bene, era buio.

A questo punto, il desiderio dei bambini di "vedere" il quezùl è tale, che esigono di saperne di più. Io prendo gli elefanti che loro hanno disegnato poco prima e dico: "L'elefante conosce il quezùl, facciamoci raccontare da lui com'è".
Sfoglio gli elefanti - ne ho a disposizione almeno venti - e ne trovo sempre (per mia fortuna) almeno due con le orecchie ritte, la proboscide dritta e gli occhi spalancati. Allora mostro ai bambini proprio quegli elefanti e dico: "Il giorno in cui l'elefante ha visto per la prima volta un quezùl ha fatto questa faccia e si è stupito proprio così!".
I bambini entrano subito nella storia. Dallo stupore dell'elefante ricaviamo che il quezùl è un animale "strano", "grande", "impressionante", "diverso"... Perciò ciascuno scrive sul suo foglio bianco questi aggettivi.

Poi pesco un elefante arrabbiato (io stesso ne ho disegnato uno mentre loro disegnavano i loro, ma spesso ne trovo uno arrabbiato anche tra quelli che mi hanno consegnato). Mostro l'elefante o gli elefanti arrabbiati e domando: "Cosa può aver fatto il quezùl per far arrabbiare l'elefante che si è appena alzato e se ne va tranquillo per la foresta?".
Così scopriamo che il quezùl fa gli scherzi, di notte. Per esempio scava delle grandi buche. Oppure abbatte gli alberi. Oppure mangia tutto il cibo, o lo mette tutto nella sua tana. Quindi mangia le stesse cose che mangia l'elefante: foglie, frutta, noccioline...
E scriviamo sul foglio bianco tutte queste cose.

Infine (terzo giorno), pesco qualcuno tra i molti elefanti sorridenti, tranquilli e felici che loro hanno disegnato: elefanti che si spruzzano l'acqua in testa, che mangiano, che riposano beati.
Dico: "Il terzo giorno, anche se c'è ancora il quezùl, l'elefante si sente così".
Ne ricaviamo che il quezùl ha fatto la pace con l'elefante e ora gioca con lui. Perciò, per esempio, gli piace l'acqua, tira i gavettoni, fa i tuffi-bomba e nuota.
E scriviamo sul foglio bianco anche queste ed altre cose.

A questo punto dico: "Bene, con tutte le cose che abbiamo scoperto e scritto, ora potere disegnare un bel quezùl".

Cosa succede?
Almeno metà dei bambini e bambine comincia a disegnare il quezùl e spesso lo fa con grande convinzione.
"E com'é?", direte voi. Non posso descrivervelo: dovete andare alle scuole dove sono stato e farvelo mostrare. Posso solo dirvi che è un animale mutante: ogni bambino che lo disegna disegna il suo quezùl.

E chi non lo disegna? Chi si lamenta e dice: "Come faccio?".
Beh, per questi c'è un aiuto. Spiego loro che è possibile disegnare un quezùl che c'è, ma è anche possibile disegnare un quezùl che c'è ma non si vede. A questo scopo domando loro di farmi il verso del quezùl. Lo fanno in tanti, ovviamente tanti suoni diversi, e io riporto alla lavagna le proposte più interessanti: huoaaaarrrr! Hié-hié-hié! Hiiiiiiiiip! Tiruit! ecc.
"Allora", dico, "si può disegnare una foresta, di notte, e da dietro i cespugli e gli alberi si leva uno di questi versi, o anche tutti. E voi avete disegnato il quezùl che c'è ma non si vede".

Con questo aiuto, anche i meno dotati di fantasia, anche quelli che sono già preda della paura di sbagliare, disegnano il loro quezùl.
Alla fine raccogliamo tutti i quezùl, li uniamo agli elefanti, diamo un titolo alla storia (proposte e poi votazione... la difficile scoperta della democrazia) e con cartoncino, nastro di stoffa e tanta colla rileghiamo un bel libro. Sulla copertina scriviamo: "Classe 2a A - L'ELEFANTE E IL MISTERIOSO QUEZUL - Scuola tal dei tali".

C'è speranza, se questo succede in seconda elementare


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