domenica 14 marzo 2010

Lo Zimbabwe e il dovere della scheda bianca

Secondo le cronache, è andata così. Innocenzi, commissario dell’Agcom, l’agenzia che garantisce la libertà e l’equilibrio dell’informazione sui media, telefona a Mauro Masi, direttore generale della Rai. E gli riferisce delle pressioni subite da Berlusconi a proposito di Annozero: il premier vuole che Innocenzi si dia da fare per eliminare dal palinsesto televisivo la trasmissione di Santoro. Masi ascolta e commenta: «Neanche in Zimbabwe». È vero. Ciò che dicono questi personaggi, nominati ai loro uffici dalla destra e fedeli alla destra, è vero: neanche in Zimbabwe, ormai, l’opinione pubblica trova ammissibile un intervento tanto smaccato a sfacciato del potere esecutivo sull’indipendenza dei mezzi di informazione. È questo è solo l’ultimo degli episodi che rendono chiaro in quanta scarsa considerazione Berlusconi tenga le regole democratiche che ha giurato solennemente di servire.

Anche di questo ci hanno informato le cronache. Il giorno successivo all’«eliminazione» della lista PDL dalla provincia di Roma e di quella targata Formigoni dalla Lombardia, Bersani e il suo partito ammettono che al problema va cercata una soluzione politica: la maggiore forza del Paese non può restare fuori dalla competizione elettorale in due aree tanto importanti. Bersani e il suo partito però non tendono la mano e non propongono alcuna soluzione politica concreta. Lo rileva anche Napolitano, nella lettera con cui risponde alla domanda dei cittadini: perché ha firmato il decreto «salvaliste» emanato dal Consiglio dei Ministri? Perché non poteva fare diversamente, dice. Perché i partiti di maggioranza e opposizione non avevano alcuna intenzione di mettersi d’accordo. Nonostante le proclamate intenzioni. Dopodiché, Bersani e il suo partito si fanno tirare la volata da Di Pietro, che certo parla chiaro, ma parla male. Parla male a sinistra come parla male Bossi a destra. Con toni ed espressioni inaccettabili. Ma questo è solo l’ultimo episodio dei tanti che dimostrano l’insipienza del PD e la sua incapacità di ragionare come grande partito di aspirazioni governative.

Ho acquisito il diritto di voto quasi trent’anni fa e l’ho sempre esercitato. Tranne un paio di volte, occasioni in cui mi trovavo molto lontano dalla mia residenza e dal mio seggio. Ora però mi sono stufato. Votare per questi partiti non significa più compiere un atto ragionato e affidarsi a chi ci sembri dare le migliori garanzie di buon governo. Votare per questi partiti significa oggi compiere un atto di fede cieca. In persone e formazioni politiche che hanno già abbondantemente dimostrato di non possedere la levatura intellettuale e morale necessaria a guidare l’Italia. Per tali motivi, alla fine di marzo voterò scheda bianca. Non mi asterrò, perché non voglio lanciare un messaggio di disinteresse per la politica e le sorti del Paese. Voterò scheda bianca, lanciando ai partiti nell’urna un avvertimento preciso: io vi seguo, vi guardo, vi controllo e sono pronto a tornare a votarvi, ma solo se metterete argine al degrado e alla corruzione correnti dell’ethos pubblico. Senza questa necessaria rinascita, perderete il mio appoggio. E cercherò altre strade per recuperare il senso di appartenenza alla società politica che ora ho completamente smarrito. Strade su cui non avrà alcuna importanza l’incontro con PD, PDL, UDC, IdV o Lega.

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