mercoledì 13 gennaio 2010

Meno latino, meno male?

La riforma della scuola superiore - licei, istituti tecnici... - è nell'aria, tra mille esitazioni e un iter parlamentare costretto a lasciare il passo a questioni urgenti, cioè a processi più o meno brevi.
E mentre i genitori dei ragazzi in terza media non sanno ancora a quale istituto pre-iscrivere i figli, si diffondono voci sulle novità pensate dal ministro Gelmini e dai suoi consulenti. Se ne parla, tra adulti, e mi capita di intercettare pareri come questi: "Faranno meno latino ai licei. Meno male: è proprio inutile!"; "Meno filosofia. Era ora: a che serve?"; "Finalmente hanno capito che ci vuole più inglese. E' quel che ci vuole per trovare lavoro!".

Sembra che studiare abbia come unico scopo la ricerca del lavoro e quindi il raggiungimento della migliore preparazione per assumere incarichi in un'azienda e fare carriera. Se fosse così, ci vorrebbero davvero più ore di inglese, matematica, informatica e meno di letteratura, storia, filosofia, arte e latino.
Non riesco ad adeguarmi a questa mentalità. E non per nostalgia del passato (io ho fatto il "vecchio" liceo classico).

Io penso che studiare serva a un uomo non solo per trovare un lavoro e crescere nella sua professione, ma anche per trovare le parole giuste per esprimere i propri sentimenti. Penso che sia importante sapersi servire di un computer, ma anche capire, con un pizzico di elasticità mentale, cosa agita l'animo di un figlio adolescente. Credo che per scegliere il candidato migliore in una elezione bisogna saper leggere tra le righe delle sue promesse e dei suoi slogan. E per valutare le complesse conseguenze dell'inserimento nella nostra società di persone provenienti dall'Africa, dall'America Latina e dall'Asia bisogna sapere chi siamo e quali sono gli strumenti giusti per conoscere, valutare e apprezzare una cultura, una fede religiosa, una sensibilità diverse dalle nostre.

Un uomo o una donna molto efficienti nel loro lavoro, ma che poi non sanno dare qualità al proprio tempo libero, chiarezza ai propri sentimenti, ordine ai propri obiettivi, sapore alle proprie relazioni, mi sembrano comunque più poveri anche se il loro stipendio cresce continuamente.

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