Italiano, europeo, cittadino del mondo, sardo.
Quale di questi elementi viene prima degli altri? Devono fondersi? Devo fare io uno sforzo consapevole e ideologico per privilegiarne uno?
No. Sarebbe sbagliato ed è anche impossibile.
Non si può privare l’individuo di una parte della sua personalità. O coartarla.
Gli indipendentisti dicono che avremo l’indipendenza quando i sardi sapranno di essere sardi e non italiani.
Ma se cercassi di estirpare la mia italianità e riempire il vuoto con la mia sardità, se mi sottoponessi consapevolmente a questo esperimento di laboratorio, otterrei un solo risultato: diventare un infelice.
Forse gli indipendentisti parlano dei sardi del futuro. Di una generazione già prossima alla mia, ma diversa.
A me spetta il compito di formarmi a una mentalità libera da pregiudizi, convenzioni e stereotipi culturali.
E di formare altri sardi - con la parola scritta e parlata, perché questo è il mio talento - all’indipendenza di pensiero, alla conoscenza della loro storia e alla scoperta delle loro tradizioni.
Penso ai bambini, ai ragazzi e ai giovani. Affinché poi, nella vita da adulti, venga loro naturale pensare e agire da sardi.
Certo, non voglio morire da gallo romanizzato.
mercoledì 21 ottobre 2009
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