Chi conosce un poco il mondo editoriale italiano sa chi è Elisabetta Sgarbi.
Elisabetta Sgarbi è il direttore editoriale della Bompiani. Scrittrice a sua volta, critica d'arte e cinematografica, regista cinematografica, è una delle personalità più influenti della cultura di questo Paese.
Qualche tempo fa, ho seguito una sua lunga intervista sulla questione dei diari di Mussolini, che la Bompiani si apprestava a mandare in libreria. La Sgarbi, pressata da un giornalista per niente accondiscendente come Giuseppe Cruciani di Radio 24, asseriva di non essere affatto certa dell'autenticità dei diari e che comunque non si trattava per lei di un punto dirimente. Davanti allo stupore e all'insistenza dell'intervistatore, si inalberava e rilanciava affermando che - veri o no - la Bompiani avrebbe pubblicato i manoscritti con il titolo I diari di Mussolini. E rifiutava di ammettere che ciò sarebbe equivalso a ingannare o quanto meno spingere il lettore su una strada equivoca.
La Sgarbi è una gran dama e ha mandato alle stampe negli anni libri di valore straordinario, tanto in saggistica quanto in narrativa. Io lo so e anche Cruciani lo sa. Ecco perché il giornalista, chiuso il tempestoso collegamento, ipotizzava quel giorno che la Sgarbi fosse stata costretta a digerire un'operazione di puro mercato, alla quale personalmente doveva essere contraria. Ipotesi benevola ma verosimile.
Ebbene, in questi giorni I diari di Mussolini sono finalmente arrivati in libreria e proprio con tale titolo. Contrariamente a quanto detto dalla Sgarbi in radio, hanno però un sottotitolo. Il sottotitolo, in piccolo e tra parentesi, è (Veri o presunti). Ce n'è abbastanza per rimanere di sale.
Un tempo la Bompiani, e ogni altra seria casa editrice, avrebbe fatto una scelta di campo netta. Avrebbe preso per veri i manoscritti, pubblicandoli come i diari del Duce, senza alcun sottotitolo. O li avrebbe giudicati un falso, rinunciando alla pubblicazione. Ecco che invece oggi si sceglie volutamente di restare a metà del guado. L'imperativo è monetizzare a tutti i costi: e niente promette una monetizzazione più efficace e penetrante del capo del fascismo. Quanto al sottotitolo, lo si utilizza come foglia di fico che lava la coscienza davanti a storici e pubblico più smaliziato. L'operazione di mercato è smaccata, tanto smaccata che lo si dichiara in copertina. Forse la Sgarbi l'ha subita, forse no. Certo, appare troppo comodo scaricare il giudizio finale sul lettore, al quale nel frattempo vengono scuciti 21,50 euro. Inoltre, questo è solo l'inizio. Il volume in libreria è infatti il (vero o presunto) diario mussoliniano del 1939. Ne seguiranno altri quattro. Fate un po' voi i conti.
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