Tutto qui? Beh, conviveva da più di dieci anni con un simpatico giovanotto e insieme hanno tre bellissimi bambini, tutti presenti all'altare vicino ai genitori: attenti a scrutare i loro volti e pronti a catturare il senso di ogni parola pronunciata.
I due si sono sposati in chiesa, con un giovane e attento prete ad assisterli, un coro di amiche con tre chitarre e le voci bianche di tutti gli altri bambini della grande famiglia allargata, nonne e zie commosse, candele e qualche fiore.
Si sono sposati, e a vederli erano lo specchio della felicità, o almeno della speranza.
Succede. Succede sempre più spesso. Niente che inverta le statistiche, cioè la quantità dei dilaganti naufragi amorosi, ma solo qualcosa che si segnala per la sua qualità. Se vi capita di sentire di una coppia che si prepara al matrimonio religioso frequentando il corso previsto presso una parrocchia, scoprirete che oggi una buona metà di coloro che chiedono il matrimonio religioso ci arrivano dopo qualche anno di convivenza. E' come se, una volta che questa sia andata abbastanza bene (evidentemente) ci fosse in queste coppie l'idea che senza sposarsi, e "sul serio", in chiesa, appunto, manchi qualcosa.
La questione va approfondita, ne sono convinto. Comunque ai miei simpatici parenti conviventi forse prima mancava qualcosa. Visti sabato sera, che salutavano gli ultimi parenti che se ne andavano dalla festa, sembrava non mancasse più niente.
Ho scritto loro un biglietto: "Grazie per la gioia che vi regalate... e per la fiduciosa speranza in cui volete coinvolgerci".
Auguri a tutti, proprio a tutti gli sposi (che, si sa, ne hanno bisogno). E auguri anche ai conviventi. Ne hanno bisogno anche loro.
ho discusso con mio cognato di questo articolo,
RispondiEliminain quanto conosciamo coppie messe nello stesso modo, anche lui la pensa come te.
Bravo Luca.
ciao