Primo aneddoto, raccontatomi da Luca. La sua vicina di casa, educatrice alle materne, si presenta alla porta con in mano una copia del Bambino stregone e, sulle labbra, un sorriso trionfante. Al mattino, a scuola, una collega le ha voluto consigliare un libro che - dice - l’ha commossa profondamente. Il libro è il nostro e lei non sapeva, naturalmente, che stava parlando con la vicina di casa dell’autore. Che proprio per questo si è presentata alla porta di Luca: voleva raccoglierne la dedica per la collega.
Secondo aneddoto, raccontato a me e Luca dal nostro editor in Piemme. La scena si svolge sul Frecciarossa Milano-Roma. Davanti all’editor è seduta una ragazza, che tiene in mano e legge assorta il Bambino stregone. Dopo un po’, si rivolge alla vicina e compagna di viaggio, dicendole: «Questo te lo devo passare. È troppo emozionante!». Il nostro editor si compiace e ci fa i complimenti.
Molti, soprattutto donne, ci hanno testimoniato una reazione simile. Hanno letto il Bambino stregone e si sono commossi. Non credo che per un romanziere possa esserci riscontro migliore. Raccontare una storia senza particolari artifici retorici e spingere chi legge alle lacrime significa aver trovato la chiave per entrare nel cuore delle persone. Significa saper tramutare la pagina in emozioni vive. È la pietra filosofale dello scrittore. È un tesoro di inestimabile valore. È il compimento del suo lavoro. È un punto d’arrivo. Da cui ripartire per sondare ancora meglio, se possibile, le profondità dell’animo umano.
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Sono una bibliotecaria e miei cari Onnis e Crippa ci state facendo impazzire con tutti questi pseudonimi... :))
RispondiEliminaSaluti
Luciana