La frase che dà il titolo a questo intervento l'ho letta molti anni fa, in treno. A quel tempo mi ero impegnato a leggere qualche testo di divulgazione scientifica, scontento com'ero della mia ignoranza in questo campo. Ne valeva la pena, infatti: la scienza rende onore all'uomo, al mondo che cerca di conoscere e, per chi crede, a Dio.
L'autore del libro, di cui colpevolmente non ricordo il nome, era uno scienziato impegnato nella ricerca sull'evoluzione della vita, lungo la traccia inaugurata da Darwin, di cui ricorre il bicentenario della nascita.
E proprio per questa occasione mi è stato chiesto recentemente di tenere una conferenza su "Darwin e la creazione" in una parrocchia del bergamasco, cosa che ho fatto pochi giorni fa.
In una chiesa piena di gente (consolante, visto il tema) ho illustrato per quasi due ore, senza che si udisse un solo colpo di tosse, la teoria dell'evoluzione, con proiezione di immagini e di semplici riassunti.
E alla fine eccola lì, sulla mia bocca, la frase che in questi anni non ho mai dimenticato.
Ai tempi di Darwin lo scienziato era un avventuriero. Partiva come lui per lunghi viaggi e osservava la natura per formulare ipotesi su di essa e cercare di spiegarla.
Oggi quella stagione della scienza è un po' superata. La natura si studia soprattutto in laboratorio. E non la si studia solo per conoscerla, ma per manipolarla.
La tecnica ha preso il sopravvento sulla scienza.
La natura, del resto, non esiste più. Anche la foresta amazzonica è un'immensa riserva naturale, di cui stiamo decidendo cosa fare. E se ci diciamo che dobbiamo proteggerla è solo perché siamo consapevoli di averne bisogno.
Il mondo non ci interessa come interessava Darwin. Siamo già presi nel progettare come costruirne uno nuovo, sulla Luna o su Marte.
Viviamo nell'artificialità e andiamo nella natura in vacanza, portandoci dietro la tecnologia satellitare o, nei casi più "eroici", rinunciando temporaneamente alla civiltà per sentirci vivi. Ma sono parentesi: belle e tonificanti, ma parentesi.
Dio potrebbe non essere all'origine delle cose. Ma certamente c'è un dio al termine dell'evoluzione. Siamo noi. Con la tecnologia, che ha usato e usa la natura per distruggerla e rimodellarla, possiamo creare nuovi pianeti abitabili. Possiamo creare l'uomo in laboratorio.
Dio ha davvero finito il suo compito. Tocca a noi.
E come reagiscono i fedeli del paese del bergamasco? Non li ho rassicurati. Ho detto loro, da credente, che mai noi e Dio ci siamo guardati faccia a faccia come oggi. Mai abbiamo avuto tanto bisogno di lui, che una natura, bella e inquietante, aperta al mistero, l'ha creata e infatti ci precede.
Saremo migliori di lui?
O non è forse il momento di una nuova alleanza proprio con il Creatore che dà la vita?
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